martedì 1 maggio 2018

Di lavoro si muore!



Articolo da Comune-info 
di Giorgio Nebbia

Nel mondo, ogni anno, tre milioni di persone muoiono a causa del lavoro. In realtà dei morti e dei feriti a causa del lavoro non esistono statistiche esatte perché molti sono lavoratori non protetti, non registrati. Molti altri muoiono a mesi o anni di distanza per le conseguenze dell’assorbimento, durante il lavoro, di polveri o sostanze tossiche o cancerogene, come ad esempio l’amianto. I morti per il lavoro meritano al più qualche frettolosa riga nella cronaca dei giornali: ci siamo abituati all’orrore, alla mercificazione della vita.
“Lavorare fa male alla salute”. E’ il titolo di un libro scritto da Jeanne Stellman e Susan Daum, pubblicato nel 1973 e subito tradotto in italiano da Feltrinelli, una amara e spietata denuncia delle tante cause di morte e di dolore a cui sono esposti milioni di persone nell’ambiente delle fabbriche, dei cantieri, delle miniere. Immaginate una guerra che non risparmia donne e bambini, durante la quale, nel mondo, ogni anno, 3 milioni di persone muoiono subito e per le ferite, le mutilazioni, le lesioni e le malattie riportate per cause di lavoro, e in cui 350 milioni di persone soffrono per incidenti avvenuti negli anni precedenti. Solo in Italia ogni anno i morti per il lavoro sono oltre 1000 e gli incidenti sul lavoro oltre mezzo milione. Questa guerra è in corso, continuamente, e le persone di cui parlo sono operai e contadini, guidatori di treni o navi o camion, fabbricano automobili o edifici o scavano carbone nelle miniere e pietre nelle cave. Di questi morti e feriti non esistono neanche statistiche esatte perché molti sono lavoratori non protetti, non registrati dalle agenzie delle Nazioni Unite o dai singoli governi. Spesso le morti o le malattie privano una famiglia dell’unica fonte di reddito.

Nel settembre 1943 nasceva a Roma l’associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL) che il 19 settembre di ogni anno ricorda le vittime del lavoro. A livello mondiale la International Labour Organization ha deciso di dedicare un giorno, il 28 aprile di ogni anno, al problema dei pericoli e della sicurezza sul lavoro, quest’anno col tema della vulnerabilità dei giovani lavoratori.

Secondo il pensiero corrente sarebbe finita l’esistenza della “classe operaia”; si dedica molta attenzione all’ecologia e alla difesa della natura e dell’ambiente che sono intorno a noi. Si finisce però per dimenticare che la prima ecologia si ha nell’ambiente di lavoro dove un enorme numero di persone, alcuni miliardi nel mondo, vengono ogni giorno a contatto con le mani e col corpo con sostanze tossiche, operano in condizioni di pericolo, sono esposti a rumori e anche a sempre nuove forme di nocività.

Non si dovrebbe morire, e neanche ferirsi o ammalarsi per il lavoro, che non è una cosa astratta, il mezzo per portare a casa un salario o stipendio, ma è la più importante attività umana, quella che permette a ciascuno di noi, di muoverci, di scaldarci, di avere ogni giorno nei negozi gli scaffali pieni delle merci che desideriamo.

Si dimentica, o si fa finta di non sapere, che in ciascuna merce o sevizio (assistenza medica, mobilità, turismo, istruzione, eccetera) c’è “dentro” abilità e fatica e dolore — e anche morte — di qualche persona, donna, uomo, adulti o ragazzi, vicina o lontana. Comunque le statistiche sulle morti per il lavoro sono ingannevoli perché vengono contabilizzati solo coloro che muoiono direttamente, cadendo dalle impalcature, o colpiti da getti di metalli incandescenti, o travolti da un macchinario o da un trattore, o in breve tempo dopo l’incidente; molti altri muoiono a mesi o anni di distanza per le conseguenze dell’assorbimento, durante il lavoro, di polveri o sostanze tossiche o cancerogene.


Il caso più clamoroso è quello dei morti fra gli operai che hanno maneggiato l’amianto, una delle perverse sostanze cancerogene che da oltre mezzo secolo sono presenti intorno a noi, un lento veleno che proviene dagli isolamenti termici e acustici, da tubazioni, recipienti e tettoie di amianto-cemento, dai freni degli autoveicoli, e che continua a minare la salute di coloro che son ancora esposti all’amianto nelle operazioni di rimozione, eliminazione e smaltimento di manufatti contenenti le pericolose fibre.


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Fonte: Comune-info  


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Articolo tratto interamente da 
Comune-info



2 commenti:

  1. Caro Vincenzo, è incredibile quante persone perdono la vita nel lavoro.
    Ciao e buon 1° maggio con un forte abbraccio e cerco di sorridere.
    Tomaso

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