mercoledì 27 settembre 2017

George Lakoff: il discorso d’odio non ha niente a che fare con la libertà di espressione



Articolo da Centro Studi Sereno Regis

In una società libera, le libertà dovrebbero valere per tutti. Il concetto di libertà non contempla la possibilità di limitare la libertà altrui. Siete liberi di camminare per la strada, ma non potete impedire ad altri di farlo.

È possibile limitare la libertà altrui con atti fisici diretti e immediati – l’attacco armato di una gang. Possiamo considerare la violenza come una forma di espressione, ma non possiamo dire che sia “libera espressione del pensiero”.

Anche l’hate speech – o discorso d’odio – può essere visto come una limitazione fisica alla libertà altrui: il linguaggio infatti ha conseguenze psicologiche che si impongono, a livello fisico, sulla rete neuronale, provocando talvolta segni indelebili. Ecco cosa accade.

I pensieri non galleggiano nel vuoto, ma sono prodotti attraverso la rete neuronale. Attraverso i neuroni, il linguaggio attiva il pensiero: in questo modo può modificare il cervello, in meglio o in peggio. Il discorso d’odio cambia in peggio il cervello delle persone odiate, provocando un clima di stress negativo, paura e sfiducia. Tutto questo avviene a livello fisico, a livello dei circuiti neuronali attivi costantemente. Questo danno invisibile può essere ben più grave di quello provocato da un pugno. È una limitazione alla libertà di pensare, e quindi di agire, liberi da paura, minacce e costrizioni; colpisce in modo permanente la capacità di pensare e agire come un cittadino pienamente libero.

Perciò l’hate speech limita la libertà delle persone a cui è rivolto. E dal momento che essere liberi in una società libera significa non danneggiare la libertà di altri, l’hate speech non rientra sotto la tutela della libertà di espressione.



Autore: 
 - traduzione di Fabio Poletto per il Centro Studi Sereno Regis





Articolo tratto interamente da 
Centro Studi Sereno Regis


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