lunedì 12 settembre 2016

Prevenzione, questa parola sconosciuta

2016 Amatrice earthquake

Articolo da Sbilanciamoci.info

Sono passate poche settimane dal terremoto che il 24 agosto scorso ha causato 295 vittime ed oltre 500 feriti. Ma nonostante gli eventi sismici a cui il nostro paese è soggetto la parola prevenzione antisismica, cioè quella scienza e quella tecnica che consente di mettere in sicurezza gli edifici, di evitarne il crollo e lo […]

Il 24 di agosto 2016, alle 3,36, un altro grave terremoto ha scosso il Centro Italia, facendo 295 vittime ed oltre 500 feriti. I paesi di Amatrice, Accumuli e Pescara del Tronto sono crollati ed ora oltre 5000 persone sono sfollate alla ricerca di una casa provvisoria. La Protezione Civile ha coordinato da subito l’emergenza e l’Italia intera con generosità ha inviato aiuti e solidarietà.

Siamo bravi per questo mentre sembra ancora sconosciuta la parola prevenzione antisismica, cioè quella scienza e quella tecnica che consente di mettere in sicurezza gli edifici, di evitarne il crollo e lo schiacciamento e quindi morti e feriti. Non siamo bravi ad imparare dai nostri errori e nel dibattito di questi giorni poche riflessioni hanno ragionato sul perché di questa nostra incapacità, dato che i paesi compiti erano nelle zone 1 e 2 di massimo rischio sismico.

E’ noto che l’Italia è un paese sismico, che in media ogni cinque anni c’è un grave terremoto, che dal dopoguerra ad oggi è stato stimato che per sette gravi terremoti sono stati spesi oltre 121 miliardi per l’emergenza e la ricostruzione. Ben 21 milioni di persone vivono in zone classificate ad rischio sismico molto o abbastanza elevato (1 e 2), di cui 3 milioni nella sola zona 1 di massima esposizione. Altri 19 milioni di persone risiedono nei comuni localizzati in zona 3.

Se poi guardiamo anche ad altre calamità come frane e alluvioni a causa del dissesto idrogeologico del paese – ci dicono i dati Ance/Cresme – dal 1944 al 2012 arriviamo ad un totale di 242 miliardi di euro destinati all’emergenza. Il risultato è che abbiamo speso tante risorse pubbliche e restiamo un paese ad alto rischio.

Il dibattito post terremoto sulla ricostruzione e sulla necessità di prevenzione ha trovato tutti d’accordo: niente new town modello “L’Aquila” di berlusconiana memoria ma recupero dei luoghi e degli insediamenti; e poi la prevenzione come obiettivo primario delle scelte politiche. Praticamente dopo ogni terremoto c’è un coro diffuso che parla della necessità di prevenire ma poi piano piano tutto ritorna nella inerzia ordinaria.

I limiti della normativa antisismica

E’ accaduto così anche dopo il terremoto dell’Aquila, quando le nuove Norme Tecniche antisismiche di Costruzione entrarono in funzione poco dopo a luglio 2009, dopo un lungo iter di gestazione nato nel lontano 1996.

La stessa norma del 2009 prevede una revisione biennale che però non è mai avvenuta, a causa anche di un dibattito tecnico molto intenso e che ha diviso gli esperti, con un parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici a maggioranza, proprio sui criteri di adeguamento dei vecchi fabbricati. Secondo il MIT questo prima revisione arriverà entro fine anno.

Per le norme attuali quindi l’adeguamento antisismico è obbligatorio – ai sensi di una circolare del 2004 – per luoghi pubblici strategici come scuole, comuni, ospedali, prefetture, beni culturali, musei. Lo è anche per nuovi edifici e quando vi è una ristrutturazione rilevante degli edifici esistenti. Non è obbligatorio invece per gli edifici esistenti.

Si tenga conto che in Italia ci sono circa 30 milioni di abitazioni di cui circa il 50% è stato costruito prima del 1974, in completa assenza di una normativa antisismica. Sono gli edifici più vetusti ad essere in pessimo stato di conservazione, ma senza sottovalutare edifici più recenti ma abusivi, costruiti in zone ad alto rischio e di pessima qualità.

Purtroppo il terremoto del 24 agosto dimostra che sono crollate sia le case nel centro storico e sia che gli edifici strategici come scuole ed ospedali che invece avrebbero dovuto reggere al sisma, dove evidentemente le norme non sono state applicate.

Selezionare gli interventi dove maggiormente si concentra il rischio è un dovere perché le risorse pubbliche e private sono scarse, scarsissime. Uno dei gravi limiti della situazione attuale è proprio la scarsa conoscenza dello stato esatto della sicurezza delle abitazioni, della staticità, dei materiali, dei suoli, degli effetti degli aggregati edilizi tipici dei centri storici. L’Ordine degli Ingegneri ed in generale tutte le professionalità tecniche propongono che il fascicolo di fabbricato diventi obbligatorio, in modo da selezionare gli interventi (e gli incentivi) con criterio.

Il Governo sembra essere d’accordo con questa impostazione ed ha allo studio uno schema che ricorda quello per la certificazione energetica. Per fotografare in maniera immediata il livello di sicurezza di un edificio si identificano sei classi, dalla A alla F. Una classificazione sismica che il ministero delle Infrastrutture utilizzerà come base per la mappatura degli edifici esistenti e la nuova versione potenziata dei bonus fiscali per la messa in sicurezza dei fabbricati, da rifinire con la prossima legge di Stabilità. Vedremo poi di tutti questi impegni che cosa si concretizza davvero ed in quali tempi.


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Articolo tratto interamente da Sbilanciamoci.info

Photo credit Leggi il Firenzepost [CC BY 3.0], attraverso Wikimedia Commons


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