domenica 2 febbraio 2014

Mi piace lavorare (Mobbing): recensione del film


Mi piace lavorare (Mobbing) è un film prodotto nel 2003 e diretto da Francesca Comencini.


Trama 

Anna è una giovane donna separata, madre di una bella bambina, Morgana, e figlia di un anziano genitore malato, a cui spesso va a far visita nella casa di riposo che lo ospita. Con mille sacrifici e rinunce, riesce a sbarcare il lunario.
In ufficio ricopre il ruolo di segretaria capocontabile, lavoro che svolge con passione, guadagnandosi un pizzico di invidia da parte delle colleghe. Al rientro a casa, la sua vita è caratterizzata dall'amore per la figlia Morgana, che si occupa quotidianamente di far la spesa e, a sera, le legge "Il Piccolo Principe", mentre lei, sfinita, inevitabilmente si addormenta.
L'azienda per cui Anna lavora, per una fusione societaria, è stata assorbita da una multinazionale. Durante una piccola festa aziendale, i nuovi vertici,informano i dipendenti sul rinnovato assetto societario, rassicurandoli che questa ristrutturazione non comporterà mutamenti per i loro posti di lavoro. Anna, ed i colleghi, festeggiano brindando, mangiando e ballando. Il clima sembra rilassato anche se si percepisce nell'aria una nota di insicurezza.
Il nuovo assetto societario porterà, di lì a poco, inattesi cambiamenti nella sua vita lavorativa e di conseguenza anche in quella familiare.
Anna viene rimossa dal suo ruolo. Le vengono proposti incarichi inutili od impossibili.
Di lì comincia la sua tragica discesa in un vortice. Viene abbandonata dalla falsa amicizia dei colleghi, che sembrano evitarla e comportarsi come un branco che abbandona l'animale malato.
«Cosa si dice di me in azienda?» chiederà Anna ad uno di loro con la spontaneità fanciullesca di una ragazzina, ricevendo, come risposta, solo il silenzio.

Subisce un primo demansionamento, ma oltretutto il computer che le è stato assegnato è rotto e mai verrà riparato; né le sue colleghe l'aiuteranno in qualche modo.
Viene poi incaricata di cercare due fatture in archivio una delle quali è stata sottratta dallo stesso capo del personale, che le ha surrettiziamente affidato, pertanto, una mansione impossibile.
I lavori a cui viene destinata diventano sempre più demotivanti, come quando viene assegnata al controllo della fotocopiatrice.
Il fatto poi di venire evitata, isolata dai colleghi contribuisce ad accrescere la sua angoscia.
Infine, posta a cronometrare il lavoro dei magazzinieri, è quasi aggredita da alcuni di loro e con violenza apostrofata "spia".
Gli unici attimi di serenità sono i momenti con la figlia: un giorno assieme vanno a far compere, e sarà proprio la bambina a sceglierle un vestito nuovo, lo stesso vestito che, l'indomani, le attirerà i pubblici lazzi del responsabile delle risorse umane («è venuta a lavorare con ancora addosso il pigiama?»).
Tornata a casa, getta nella spazzatura il vestito che, trovato poi da Morgana, rappresenterà un altro spunto di tensione.
Anna cade in depressione e si ammala. A casa non riesce a fare più nulla: sarà sua figlia ad accudirla e a ridarle la vita.
Tornata al lavoro, continuano però le stesse dinamiche di prima.
Giunge il giorno del saggio di danza della figlia. Anna si prepara per uscire e raggiungere la bambina, ma viene chiamata dal capo delle risorse umane che le propone di firmare una lettera di dimissioni facendole un panegirico sulla sua condizione di donna sola e su come ella come madre debba pensare a sua figlia. A quel punto Anna reagisce e dicendogli di non nominare mai più sua figlia esce dall'ufficio.
Cerca di raggiungere Morgana, ma non riesce a individuarla da nessuna parte. Alla fine, dopo tanto penare, la trova a casa del bambino del negozio di alimentari dove Morgana fa la spesa.
Anna si reca dal sindacato e racconta quello che ha subito nei mesi precedenti sul lavoro, farà causa e vincerà.
«Se questo lo chiami vincere!», dirà lei stessa ad una collega che aveva esclamato: «Alla fine ce l'hai fatta, hai vinto!».
Tra mille timori per il nuovo lavoro che l'attende al ritorno e per il viaggio che sta per fare, parte con sua figlia, rassicurata dalla bambina.

Curiosità sul film
Mi piace lavorare è il primo film che affronta il tema del mobbing e del bossing, termine che sta a indicare un atteggiamento di persecuzione, di isolamento e di violenza psicologica cui un lavoratore viene sottoposto nell'ambiente di lavoro, in modo da costringerlo a licenziarsi.

Questo articolo è pubblicato nei termini della GNU Free Documentation License. Esso utilizza materiale tratto da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

2 commenti:

  1. Purtroppo sono atteggiamenti mirati anche a colpire l'autostima dell'individuo, e spesso sono rivolti da parte di colleghi e collaboratori a chi sentono superiore come professionalità e diligenza.
    Questo purtroppo accade sempre più spesso anche nei salotti.
    Oramai vado pochissimo al cinema.
    Un sorriso

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  2. Di solito il mobbing colpisce chi lavora e produce di più, è questo l'assurdo...un post che mi ha rimandata nel passato...

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