mercoledì 23 maggio 2012

23 maggio 1992 – Strage di Capaci: un attentato mafioso uccide i magistrati Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e i tre agenti della loro scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro



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La Strage di Capaci è l'attentato mafioso in cui il 23 maggio 1992, sull'autostrada A29, nei pressi dello svincolo di Capaci e a pochi chilometri da Palermo, persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.
L'espressione "Strage di Capaci" è in effetti errata: è vero che la strage avvenne nei pressi dello svincolo autostradale di Capaci ma il luogo si trova nel territorio del comune di Isola delle Femmine.
Nel tragico attentato sono rimasti illesi altri quattro componenti del gruppo al seguito del magistrato: l'autista giudiziario Giuseppe Costanza (seduto nei sedili posteriori dell'auto blindata guidata da Falcone) e gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.
Gli esecutori materiali del delitto furono almeno cinque uomini (tra cui Pietro Rampulla che confezionò e posizionò l'esplosivo e Giovanni Brusca, che fu la persona che fisicamente azionò il telecomando al momento del passaggio dell'auto blindata del magistrato, che tornava da Roma).
I mafiosi avevano riempito di tritolo una galleria scavata sotto l'autostrada (per assicurarsi la buona riuscita del delitto, ne misero circa 500 kg, come punto di riferimento gli attentatori presero un frigorifero bianco posto ai lati della strada) nel tratto che collega l'aeroporto di Punta Raisi (oggi "Aeroporto Falcone-Borsellino") al capoluogo siciliano. A tutt'oggi sono conosciuti soltanto i nomi degli esecutori materiali della strage, poiché le indagini mirate a scoprire i mandanti ed eventuali intrecci di natura politica non hanno prodotto risultati significativi.



La strage di Capaci, festeggiata dai mafiosi nel carcere dell'Ucciardone, ha segnato una delle pagine più tragiche della lotta alla mafia ed è strettamente connessa al successivo attentato di cui rimase vittima il magistrato Paolo Borsellino, amico e collega di Falcone. Le stragi provocarono una reazione di sdegno nell'opinione pubblica, oltre che l'intensificazione della lotta antimafia, con il conseguente moltiplicarsi dei pentiti e la cattura di latitanti quali Totò Riina
Per la strage sono stati riconosciuti colpevoli nel maggio del 2002 24 imputati, mentre dopo un precedente annullamento della Cassazione e un nuovo processo nel 2008 la prima sezione penale della Cassazione ha condannato 12 persone in quanto ritenute tra i mandanti di entrambe le stragi: tra questi Salvatore Montalto, Giuseppe Farinella e Salvatore Buscemi, Giuseppe Madonia, Carlo Greco, Pietro Aglieri, Benedetto Santapaola, Mariano Agate.
Ogni anno, il 23 maggio, si tiene a Palermo e Capaci una lunga serie di attività, in commemorazione della morte del magistrato Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo. I resti dell'auto sono esposti a Roma, presso la scuola di formazione degli agenti di polizia penitenziaria. Nell'anno della strage è stata creata anche una fondazione intitolata a Giovanni e Francesca Falcone e guidata da Maria Falcone, sorella del magistrato, che si propone di combattere la criminalità organizzata e di promuovere attività di educazione della legalità. La Fondazione ha ottenuto dall'ONU nel 1996 il riconoscimento dello status consultivo in qualità di ONG presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite.
Ogni due anni il comune di Triggiano, paese originario di Rocco Dicillo, agente della scorta del magistrato Falcone, ricorda la strage di Capaci organizzando un premio d'arte contemporanea la "Biennale Rocco Dicillo", ispirata al tema della legalità.
L'indagine sulla strage ha portato a investigare sui servizi segreti e a chiedere che venisse tolto il segreto di Stato su alcuni fascicoli, per indagare sulla presunta collusione tra servizi segreti e mafia. Anche Gioacchino Genchi ha parlato di un coinvolgimento dei servizi segreti.
Particolare importante, rivelato dal pentito di Cosa Nostra Vincenzo Calcara, è il fatto che per la Strage di Capaci i boss di Cosa Nostra si rivolsero alla 'ndrina dei fratelli Nirta (La Maggiore) per reperire l'esplosivo che portò a quell'immane tragedia. Il giudice siciliano fin da marzo di quel fatidico anno 1992 seguiva i collegamenti delle cosche di San Luca con i clan di Palermo e di Trapani. Era stato il pentito Vincenzo Calcara a raccontare a Borsellino d’un patto fra siciliani e calabresi per uno scambio di imponenti quantitativi di droga con armi ed esplosivo. Certo è che Borsellino nel giugno del ’92 pronunciò quelle parole: «So che è già arrivato l’esplosivo destinato a me».

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